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Commento alla sentenza n 44/1999 del TAR di Verona

Il caso riguarda la possibilità, negata dal Tribunale, di veder modificato nel Registro di Stato Civile il nome della ricorrente. La signora sostiene, infatti, che il nome di Immacolata, attribuitogli alla nascita, richiamando la religione cattolica, sia incompatibile con i propri orientamenti ideali e politici.

Le motivazioni del TAR appaiono deboli e con fondamenti, più che giuridici, di natura sociale-culturale; ed esempio quando, come base del carattere di omaggio e tributo del nome Immacolata, si fa leva sull’idea che la religione prevalente nella collettività nazionale sia quella dei Patti Lateranensi e del nuovo Concordato, senza tener conto dell’orientamento dell’interessata.

A sostegno della propria tesi la Corte richiama l’art. 166 del testo unico dello stato civile (r.d. 1238/1939), secondo il quale è possibile modificare i nomi “ridicoli o vergognosi o che recano offesa all’ordine pubblico o al buon costume o al sentimento nazionale o religioso, o che sono denominazioni di località”, ma dà un’interpretazione sbagliata di “sentimento religioso”, concetto che risulta fondamentale nel caso in questione. Il termine suddetto deve essere letto non più, come sostenuto in tale sentenza, quale sentimento collettivo ma, alla luce della successiva Carta Costituzionale del 1948, quale sentimento del singolo; l’art. 19 Cost. (“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa”) sostiene, a favore di tutte le persone, la libertà di religione e conseguentemente la libertà negativa di non appartenere ad alcuna fede religiosa.

Inoltre la Corte richiama l’art.22 Cost. (“nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”) per sostenere l’impossibilità dello Stato di soddisfare la richiesta della signora; nel caso di specie, però, non si tratta di privazione del nome con atto autoritativo dello Stato bensì di modifica basata su specifica richiesta dell’interessata.

Infine, le ultime considerazioni per quando riguarda la possibilità di un continuo mutamento di nome per eventuali successive conversioni religiose e per quanto riguarda le conseguenti problematiche di riconoscimento sociale; nella prima ipotesi, bisogna considerare che il nome Claudia, scelto dalla ricorrente, non sembra essere lesivo di alcun sentimento religioso e quindi non ulteriormente modificabile mentre, nella seconda ipotesi, emerge che la signora utilizza da tempo lo pseudonimo con il quale è conosciuta nella propria vita quotidiana, tanto da poter forse essere più problematico l’utilizzo del nome reale.

La sentenza sembra quindi in conflitto con la libertà di coscienza del singolo e in violazione dei diritti della signora Immacolata.

Commento di uno studente

Correzione e commento del Prof. Cimbalo


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