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Commento alla Sentenza 44 del 1 Dicembre 1999 del Tribunale di Verona

La signora Immacolata, non credente, che da sempre si fa chiamare Claudia, chiede il cambio del nome come previsto dal T.U. dello stato civile del 1939, ritenendo quello impostole alla nascita contrario ai propri orientamenti politici e ideali. Il giudice rigetta la questione ponendo l’accento in particolar modo sulle questioni  del sentimento religioso e del nome Immacolata in omaggio alla Divinità.

Innanzitutto, non si può “preferire” la collettività all’identità del singolo. Il concetto dell’immodificabilità del nome non può essere elevato a pubblico interesse, poiché lo Stato deve garantire in primis l’identità del singolo e tutte le libertà ad essa connesse. Un soggetto ha diritto a cambiare il proprio nome, soprattutto se in esso non si rispecchia o se è in contrasto con i propri ideali.

In secondo luogo, lo Stato italiano è uno stato laico, la religione cattolica non è più religione di Stato, è quindi inconcepibile, oggi, un attaccamento a tali concetti e il rinvio ai Patti Lateranensi del 1929.

La signora, inoltre, non essendo credente, non ha alcun interesse a portare omaggio con il nome Immacolata alla Divinità, anzi è per lei e per la sua formazione, un ostacolo.

Per concludere, dalla trattazione del giudice non si nota alcun elemento veramente fondante dell’impossibilità del cambiamento del nome. La soluzione dello pseudonimo non è sufficiente, non ha lo stesso peso del nome e dovrebbe essere una seconda scelta dell’individuo, non un compromesso offerto dal giudice. In definitiva, quindi, alla signora Immacolata sarebbe dovuto essere concesso il cambio del nome, come garantito nell’ordinamento e soprattutto in relazione alla sua libera scelta di non essere credente.

Commento di uno studente

Correzione e commento del Prof. Cimbalo


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