Commento sent. Corte Costituzionale n. 44/1999
Nel caso di specie la motivazione data dal giudice, “il sentimento religioso cui fa riferimento la norma non è quello del singolo, ma quello della collettività”, riguardante il disposto dell’art. 166 del testo unico dello stato civile (d. 1238/1939), dovrebbe ritenersi, a mio parere, in contrasto con il principio di laicità che fa capo allo Stato Italiano, Paese dove non esiste una religione ufficiale, come stabilito dal Concordato del 1984. Da ciò potrebbe dedursi che, nonostante la proliferazione della religione cattolica nel nostro territorio, il sentimento della collettività non per forza debba coincidere con quello dei singoli individui, posto che non sia in contrasto con l’ordine pubblico e il buon costume. Personalmente, come può evincersi dalle mie parole, non condivido le motivazioni addotte dal giudice, poiché si pongono fortemente in contrasto con il principio di libertà religiosa, che deve tutelarsi anche negativamente ex art. 19 Cost.; è, infatti, comprensibile che una donna non credente, cui sia stato dato il nome “Immacolata”, non si senta a suo agio e vergognata di esso. È anche valida l’asserzione del giudice secondo cui l’immutabilità del nome è stabilita anche nel pubblico interesse, in modo che l’identità del soggetto sia conoscibile a tutti; un eventuale cambiamento del nome non deve però tradursi necessariamente in un disconoscimento dell’identità dell’individuo da parte della collettività, posto che la modificazione di esso non sia effettuata per scopi che contrastano con l’ordinamento giuridico. In questo caso, infatti, trattandosi semplicemente di una questione di sentimento religioso, interno alla persona e non modificabile per volontà dello Stato, non si intravede un tale fine, illecito o illegale. Infine, da considerarsi è anche l’art. 9 c.c. che dispone la possibilità di tutela dello pseudonimo, se usato dalla persona in modo che abbia acquistato l’importanza del nome, acquisendo la protezione dell’art. 7 c.c.
Commento di uno studente
Correzione e commento del Prof. Cimbalo