Commento sentenza n° 44/1999
Il sentimento religioso prima di trovare terreno nella dimensione esterna, è un atteggiamento psichico che plasma e forma la personalità e l’identità dell’individuo. Negare o limitare tale dimensione (nel caso in esame “diritto a non credere”) significherebbe ledere quella componente che contraddistingue ogni individuo e che gli permette di agire e instaurare relazioni sociali di conseguenza. La signora Immacolata, avendo provato che nella sua vita privata e di relazioni usa costantemente un altro prenome, ha dimostrato che l’utilizzo di un nome non afferente alla religione cattolica le permette di dispiegare la propria identità nel tessuto sociale : l’immodificabilità del nome, a mio avviso, non può essere elevata a pubblico interesse poiché il riconoscimento di un individuo incomincia in primis dal soggetto agente che , se non riesce ad individuare la sua componente identitaria per mezzo di una religione, ha il diritto di modificare il proprio prenome conferendo ad esso funzione individuante. Tale discrezionalità concessa al soggetto non può però essere portata oltre il segno: il cambiamento del nome deve essere sorretto da valide ragioni che segnano intensamente la sua percezione all’interno della società o di una confessione religiosa. Ritengo quindi che alla signora Immacolta dovesse essere concesso il diritto alla modificazione del proprio prenome per le ragioni sopra esposte.
Elaborato di uno studente
Correzione e commento del Prof. Cimbalo