…e l’insegnamento della religione fuori dalla scuola? Una visione alternativa
Buongiorno a tutti, vorrei riprendere l’argomento svolto durante le lezioni riguardante l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane previsto dal Concordato del 1929 e ribadito con l’Accordo del 1984. Se partiamo dall’ idea che, come sostengono le altre confessioni religiose diverse dalla cattolica (come ad esempio i valdesi), se c’è un luogo dove l’uomo si incontra con il suo Dio è in Chiesa o nei luoghi di culto che l’articolo 19 della Costituzione garantisce a tutte le confessioni religiose (indipendentemente dal fatto che abbiano esse stipulato o meno un’ Intesa con lo Stato) per esercitare il proprio culto liberamente; dunque possiamo anche sostenere che l’insegnamento dei dogmi e precetti religiosi, dovrebbe essere svolto, ove sia espressamente richiesto dalla persona interessata (e quindi da essa volontariamente scelto), nei luoghi specialmente preposti alla catechesi e non nel contesto della scuola pubblica.
Tornando però al contesto attuale italiano, se il Concordato prevede che l’insegnamento della religione sia garantito nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado e questa è la normativa oggi in vigore, finché essa non verrà abrogata o modificata, non è immaginabile la possibilità di eliminarlo dal programma scolastico. Naturalmente entrando in contatto con lo studio del diritto ecclesiastico e le complesse tematiche ad esso connesse, non posso disconoscere il rilevante ruolo storico svolto dalla Chiesa Cattolica per lo sviluppo della cultura italiana; tuttavia mi verrebbe da chiedere: se una famiglia italiana è interessata alla formazione cattolica dei propri figli, non può direttamente decidere di inviarli al catechismo nelle parrocchie dei singoli quartieri? È proprio necessario che oltre all’insegnamento della religione svolto nelle parrocchie si ritenga opportuno “bissare” a scuola tale dottrina? D’ altronde se l’ insegnamento di religione è impartito seguendo i dogmi della Chiesa da parte di catechisti e sacerdoti qualificati e specialmente preposti, credo che esso si possa ritenere più che sufficiente e adeguato ai fini perseguiti, e cioè alla formazione religiosa secondo i canoni della Chiesa.
Non vorrei dire “un’eresia” né ferire la sensibilità in materia religiosa di chi ritiene che sia necessario un insegnamento della religione nelle scuole. Sono anche consapevole che probabilmente questa possa essere una visione un po’ distante dalla realtà in Italia ma vorrei solo citare un esempio di come viene gestita la problematica in un paese diverso dall’Italia giusto per fare un piccolo paragone che sebbene lontano dalla realtà italiana, potrebbe forse rappresentare una possibile via d’uscita(anche se sono consapevole che questa soluzione non sarebbe mai applicata qui poiché la gerarchia ecclesiastica non l’accetterebbe). In certi paesi del mondo pur riconoscendo nella sua Carta fondamentale di sostenere il culto cattolico apostolico romano (come ad esempio l’Argentina), non si prevede nei programmi di studio delle scuole pubbliche l’insegnamento religioso. Di conseguenza se un genitore desidera che suo figlio riceva una formazione religiosa, lo iscrive nella scuola privata che è gestita dal proprio culto di appartenenza (ad esempio se è cattolico, lo invierà ad una scuola cattolica, se è ebreo ad una scuola dove insegnano l’ebraismo e così di seguito). In questo modo, l’insegnamento della religione cattolica, così come di qualsiasi altra religione, avviene soltanto nelle scuole private o nelle parrocchie qualora venga richiesto espressamente. Salvando le ovvie ed enormi distanze tra paesi che sostengono un determinato culto (come il caso argentino) e l’Italia (che è un paese che fa proprio il principio di laicità), ritengo che forse sarebbe una soluzione che seppur utopica, eviterebbe tante controversie nella società italiana. Eliminare l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche non importerebbe a mio avviso eliminare la possibilità di imparare i precetti del Cattolicesimo altrove, visto che chi lo desidera può farlo comunque in un altro contesto
Elaborato scritto e redatto da Romina
Tento di continuare la discussione su due punti, che mi sembrano preliminari rispetto ad eventuali proposte di soluzione pratica:
1. perchè la Chiesa cattolica pensa sia utile la religione a scuola
Cito alcuni passi di Joseph Ratzinger, siccome ritengo sia sempre utile alla comprensione di un fenomeno la prospettiva interna.
In occasione del Convegno ecclesiale di Verona, nell’ottobre 2006, indica l’esigenza di “allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme”.
Agli alunni del St.Mary’s University College si rivolge dicendo che “Ogni materia che studiate si inserisce in un orizzonte più ampio. Non riducetevi mai ad un orizzonte ristretto. Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo”.
Ancora, la Presidenza della CEI ricorda nel 2009 che “l’insegnamento della religione cattolica favorisce la riflessione sul senso profondo dell’esistenza, aiutando a ritrovare, al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un’intuizione globale”.
Emerge -mi sembra- il desiderio di offrire uno spazio in cui fare sintesi del proprio impegno scolastico e individuare il senso dello studio.
Personalmente, ritengo questo lavoro di sintesi e motivazione assolutamente necessario, specialmente in tempi critici in cui sulla formazione globale della persona e del futuro lavoratore si giocano le possibilità di ripresa. Chi poi svolga questo ruolo è un’altra questione (non meno rilevante): penso tra l’altro che tutti i credo siano capaci di contribuire positivamente a questo scopo.
2. perchè la presenza della religione nella scuola pubblica non è necessariamente elemento di divisione
Diceva -credo giustamente- il prof. Cimbalo a lezione che nella scuola pubblica si sono scaricate una serie di tensioni sociali, che questa ha assorbito e attutito permettendo alla società di non “spezzarsi”.
Pur conoscendo la fatica e lo sconforto che in questi anni mina il lavoro degli insegnanti, penso che la scuola debba essere (e forse lo è per sua natura) un laboratorio in cui imparare a gestire tensioni che inevitabilmente si incontrano nella vita sociale.
Proprio la presenza della religione (e, auspico, delle religioni) a scuola allora diventa l’occasione di imparare la convivenza costruttiva, il rispetto reciproco, il dialogo, la capacità di trovare soluzioni condivise.
Ovviamente, anche su questo punto è aperta la discussione riguardo ad eventuali ulteriori o diversi strumenti per educare a questi atteggiamenti fondamentali.
Vorrei fare qualche precisazione sui due punti in commento:
Riguardo al punto 1, credo che nessuno possa obiettare le buone intenzioni della Chiesa Cattolica nel voler favorire lo sviluppo dell’individuo nella maniera più libera e cosciente, tuttavia tutte le ragioni da te citate fanno parte di una visione confessionale riferita allo studio in quanto tale che da persone atee o facenti parte di altra confessione religiosa potrebbero non essere condivise o addirittura coincidere con l’esatto opposto rispetto alle loro credenze, quindi non vedo la necessità di favorire in un’istituzione pubblica, che dovrebbe garantire un ambiente neutrale per gli studenti, una posizione piuttosto che un’altra per quanto lodevole o supportata da sani principi. La Chiesa Cattolica o meglio il credo cattolico è molto conciso e preciso nel dire che all’uomo è stato fatto uno dei doni più preziosi al mondo cioè la capacità di scegliere, ordunque perchè non lasciar scegliere agli uomini in cosa credere o in cosa non credere? Ribadisco anche da quest’altra prospettiva la non necessità di un insegnamento religioso all’interno della scuola che non lascia la libertà di scegliere, ma lascia solo la “libertà” di uscire dall’aula; ovviamente mi si obietterà che l’insegnamento non è obbligatorio, ma solo per chi lo richiede, e allora perchè renderlo materia scolastica? non esiste il catechismo? io l’ho fatto, tutti o quasi lo hanno fatto, che si continui lo studio della religione in quell’ambito non di certo a scuola. Poi ognuno sarà libero di trovare un messaggio divino anche nelle scienze, ma ciò è rimesso all’autonomia del singolo e alla sua capacità di sintesi e rielaborazione dell informazioni nonché di esperienze di vita. Da qui mi ricollego subito al punto 2 in quanto forse non è ben chiaro cosa il Professor Cimbalo tentava di spiegarci a lezione,o almeno io l’ho interpretato in tale maniera: è ovviamente innegabile che l’appartenenza a religioni diverse ha creato scontri talvolta anche violenti tra gli uomini e ciò ce lo insegna la semplice storia che come Qualcuno disse è maestra di vita. Memori dunque di tali errori credo sia compito della scuola non annientare le divisioni, bensì incentivare la coesistenza pacifica delle divisioni stesse e ciò è possibile attraverso una convivenza continua e prolungata di soggetti appartenenti a diversi credo religiosi; la separazione degli studenti, soprattutto nella minore età dove ancora non si ha la piena consapevolezza di sé e del mondo e la maturità tale da comprendere la bellezza delle differenze, non fa altro che alimentare i contrasti spesso dettati da pregiudizi e da una quotidianità sbagliata, improntata appunto sulla separazione e l’impossibilità della coesistenza a causa di un unica materia, guarda caso la religione.
Concludo invitando tutti a vedere un film(a mio avviso molto interessante e pieno di spunti interpretativi)intitolato “E ora dove andiamo?”, il cui tema è proprio la convivenza tra musulmani e cattolici.
Un film geniale! Ottimo consiglio 😉