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Dibattito a lezione

Chiarissimo professore,

come da Lei suggerito, ho tentato di verificare l’esattezza e la contestualizzazione di alcune nozioni e dati esposti nelle scorse lezioni.
Parlandoci del riconoscimento della Croazia da parte della Santa Sede, ci diceva di come esso fosse avvenuto con gran sollecitudine, in maniera quasi avventata rispetto all’uso abituale d’Oltretevere, per motivazioni di ordine “espansionistico”.
Mi risulta che esso sia avvenuto il 13 gennaio 1992, dunque in data successiva all’annuncio del riconoscimento da parte della CEE (16 dicembre 1991), che poi avvenne ufficialmente due giorni dopo il riconoscimento della Santa Sede (15 gennaio 1992). In ogni caso prima del Vaticano altri stati riconobbero la Croazia, tra cui Islanda e Germania. Forse in questo contesto il dato assoluto del riconoscimento della Santa Sede a sette mesi dalla dichiarazione di indipendenza croata non appare più come una ideale riconquista dell’Est Europa al cattolicesimo.

[ 8 febbraio 1982 ristabilite relazioni diplomatiche.  L’espansione ad Est della Chiesa cattolica è ampiamente dimostrata non solo dai fatti polacchi ma dal modus operandi adottato nella gestione dell’ecumenismo- Vedi Art. Botti]

Ancora, mi permetto di farle notare come l’ordinanza del sindaco di Scarlino, che a suo dire avrebbe obbligato i locali pubblici ad affiggere il crocifisso, prevede invece una multa per chi lo tolga da dove già è presente. Tanto più (e qui mi corregga se sbaglio) il suo esempio del bar non è esattamente pertinente, perchè il bar è un luogo aperto al pubblico, non un luogo pubblico, e dunque non rientrerebbe nel campo d’applicazione dell’ordinanza.

E’ vero l’ordinanza del sindaco di Scarlino multa con 500 € chi lo rimuove ma vedi l’ordinanza Sindaco Comune di Casteldelci (RN) “Per “edifici pubblici” si intendono però, è lo stesso sindaco a spiegarlo, “anche i pubblici esercizi quali ristoranti e bar e tutti i titolari di una licenza statale”, non solo scuole ed edifici amministrativi. Praticamente qualsiasi luogo che non sia un’abitazione privata. Tra un paio di settimane i vigili urbani del paese cominceranno con i controlli. Chi non avrà ottemperato all’ordinanza e si vedrà somministrato un verbale da capogiro potrà contestarlo in diversi modi: in via informale andando al palazzo comunale per spiegare le sue ragioni “Se per esempio uno vende i kebab ed è di dichiarata fede musulmana – spiega il sindaco – non ci sono obiezioni”. In tutti gli altri casi o per chi non ha intenzione di dover spiegazioni per quanto riguarda il proprio credo religioso, non resta che ricorrere al Tar (il Tribunale amministrativo regionale) dell’Emilia Romagna oppure al Presidente della Repubblica”

Tale provvedimento è poi in vigore “fino all’esito del Ricorso alla Corte europea, espletato dallo Stato Italiano, salvo diverse disposizioni”, ed è motivato da ragioni di prudenza in una situazione di conflittualità tra le fonti normative (una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, i regolamenti sugli arredi scolastici, un’ordinanza della Corte Costituzionale, una sentenza della VI Sezione del Consiglio di Stato).
Sicuramente l’ordinanza del sindaco di Scarlino rimane soggetta a valutazione di opportunità politica, ma la rettifica del suo contenuto e la considerazione delle sue motivazioni rendono il fatto meno scandalistico.

Ritorneremo organicamente sul punto commentando le diverse sentenze sia italiane che della CEDU nelle prossime lezioni.

 

Un’ulteriore nota: nello “spezzare una lancia a favore degli sciiti”, che ammettono il matrimonio temporaneo con bambine di età scolare, Lei ha affermato che la Chiesa cattolica ammette il matrimonio a partire dai 12 anni.

Io ho parlato di opportunismo da parte degli Sciiti. Premesso ciò la donna può sposare a 12 anni con dispensa su specifico caso. In ogni caso l’esempio era finalizzato a sottolineare che tutti gli ordinamenti abbassano in diversi campi l’età per riconoscere pieni diritti ai minori.

Il codice di diritto canonico al numero 1083 afferma che “L’uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici pure compiuti, non possono celebrare un alido matrimonio”. Il termine generale è sicuramente alieno dalla nostra cultura, ma bisogna tenere conto che la Chiesa deve dare norme che si possano agevolmente inserire in culture diversissime, in cui talvolta il matrimonio avviene in età ancora precedente; in questi casi la norma del diritto canonico ha una funzione di limitazione rispetto a tali unioni. Una norma, dunque, che -una volta contestualizzata- appare meno barbara di quanto possa sembrare a chi dimentica l’esigenza del diritto canonico di rispettare le diversità culturali da un lato, e -dall’altro- di porre limiti di garanzia invalicabili.
Anche a prescindere da queste valutazioni, il termine è comunque diverso da quello da lei indicatoci.
Il codice poi prosegue: “È diritto della Conferenza Episcopale fissare una età maggiore per la lecita celebrazione del matrimonio”. Se si tenta dunque di inquadrare l’effettiva portata e vigenza di una norma, come Lei stesso ci insegna a fare osservando prima di tutto il contesto in cui si inseriranno i dati normativi, si scopre che nel 1983 la CEI delibera che “Per la lecita celebrazione del matrimonio l’età dei nubendi è di 18 anni. Resta riservata ad apposita « Istruzione pastorale » della CEI l’indicazione di criteri comuni di valutazione di età inferiore secondo le varie situazioni.
Il Decreto generale sul matrimonio canonico promulgato dalla CEI prevede poi che l’impedimento non possa essere dispensato “se non per ragioni gravissime, dopo aver valutato le risultanze di un esame psicologico, compiuto da un consultorio familiare di ispirazione cristiana o da un esperto di fiducia, circa la capacità del minore di esprimere un valido consenso e di assumere gli impegni essenziali del matrimonio […]. Lo stesso Ordinario faccia presente agli interessati, alle loro famiglie e anche ai fedeli che le ragioni di convivenza sociale o di prassi tradizionale non valgono da sé sole a configurare gli estremi della speciale gravità, ricordando che anche gli aspetti etici eventualmente implicati dal caso debbono comporsi con la morale certezza circa la stabilità del matrimonio e considerando che nella fattispecie il matrimonio canonico non potrà conseguire gli effetti civili.
[…] Di norma non si permetta la celebrazione del matrimonio canonico prima che il Tribunale per i minorenni abbia rilasciato l’autorizzazione a procedere, senza la quale non è possibile ottenere la trascrizione agli effetti civili”.
Non mi sembra pertanto che questa sia una normativa equiparabile (anche da un mero punto di vista giuridico) al matrimonio temporaneo degli sciiti.
In ultimo, mi permetta di fare un’osservazione sulla sua affermazione stando alla quale il progetto sociale della Chiesa è “arretrato”. Il termine “arretratezza” presuppone un concetto di progresso che è del tutto soggettivo e condizionato da difficili valutazioni assiologiche.

La dottrina sociale della Chiesa è totalmente incompatibile con l’economia di mercato e il processo di globalizzazione. Era questo il senso dell’affermazione dalla quale partivo.  Approfondiamo il problema

Ho pensato di farle parte queste mie perplessità in quanto – nelle mie intenzioni – espressione dell’ atteggiamento partecipativo da Lei sollecitato a lezione. Spero quindi di poter avere qualche delucidazione in merito alle questioni sollevate e rimango a sua disposizione per qualsiasi chiarimento, in qualsiasi momento.

Ringrazio moltissimo per l’intervento ma ne discutiamo – ovviamente – in aula.

Ringrazio anticipatamente,

Rebecca Righi


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