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Diritto naturale e/o diritto internazionale? Una proposta

Vorrei aggiungere un contributo al dibattito della lezione di oggi -merc 25 sett- sulla pretesa contrapposizione tra diritto naturale e diritto internazionale.
Durante i lavori preparatori alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, venne chiesto a uomini di cultura, filosofi, scienziati e politici di tutta la comunità internazionale di indicare quali fossero i diritti umani che la loro propria tradizione culturale riconosceva. Da quel sondaggio, di portata mondiale, emersero i valori comuni che -per quanto generici- legavano le tradizioni e le storie di popoli diversissimi. Valori comuni che crearono la struttura portante della Dichiarazione.
È chiaro che il diritto naturale non può avere alcuna ambizione sulla normativa di dettaglio; tuttavia ha secondo me una funzione descrittiva, indicativa dei valori condivisi: evidenzia le intersezioni tra le diverse coscienze giuridiche. Forse ridefinendo il termine stesso di diritto naturale, direi che dove non soltanto i popoli ora viventi e ora fondanti la comunità internazionale, ma dove la riflessione antropologica e la speculazione filosofica nella storia dei popoli ha individuato alcuni comuni fondamenti dell’uomo, lì si intravede una sorta di diritto naturale, si intravede qualche componente strutturale dell’essere umano che va tutelata.
E non ritengo problematico riconoscere che determinati contributi al progresso dell’umanità nella propria autocoscienza hanno un’origine culturalmente e cultualmente ben marcata.

Se uno stato ammettesse con votazione a maggioranza i sacrifici umani, non auspicheremmo un intervento della comunità internazionale che, sulla base di dichiarazioni largamente condivise e nate da un confronto multilaterale e multiculturale come quello accennato sopra, si intromettesse e correggesse l’esito della votazione?
Probabilmente auspicheremmo l’intervento, ma mai vorremmo davvero un organismo con una forza coercitiva tale da intromettersi nelle scelte politiche dei singoli stati. Eppure questo non è quanto accade all’interno di uno stato democratico, nel quale le regole vigenti si applicano anche alla minoranza non consenziente? Qual è allora la legittimazione della limitazione del libero arbitrio e delle scelte personali? Quale la legittimazione della maggioranza nel costringere la minoranza ad un qualsiasi facere o non facere?

Eccola: tutti riteniamo che certe norme fondamentali abbiano un intrinseco valore etico, un valore assoluto, per qualsiasi individuo, a prescindere che tale diritto sia riconosciuto dalla maggioranza di una comunità, e che un eventuale mancato riconoscimento sia frutto di una distorsione patologica del pensiero o di una situazione di ignoranza (un esempio? Il diritto di non essere internato e ucciso in un campo di concentramento per la propria origine). La nostra indignazione di fronte a crimini contro l’umanità non è indicativa della presenza di un diritto non scritto, “naturale” se così vogliamo chiamarlo, codificato dalle norme internazionali non appena emerge una coscienza condivisa? Un ordinamento che entra nell’uomo tramite la sua propria cultura (atea o religiosa) e che inaspettatamente si scopre essere condiviso.
 
Dunque la contrapposizione tra diritto naturale e diritto internazionale non è necessaria: i due diritti hanno funzioni diverse, l’una descrittiva (con un’attenzione però diacronica), l’altra normativa.

Articolo scritto e redatto da Rebecca Righi


2 Comments

  1. Giovanni Cimbalo

    Nel saggio Laicità come strumento di educazione alla convivenza ho scritto su queste problematiche:

    “ La libertà non vive da sola ed essa non è completa, non si realizza – come si è detto – senza l’uguaglianza, la quale è la negazione delle differenze sociali, è l’affermazione delle pari opportunità, è la garanzia della felicità possibile, presuppone il pari accesso alla conoscenza per tutti, è l’annientamento del personalismo cattolico, dove ognuno nasce schiavo del peccato originale, si emancipa in Dio, accetta la vita che gli è data, sceglie grazie al libero arbitrio, ma tra i percorsi possibili, tutti diversi in nome di una diversità programmata e immodificabile di destini segnati dalla ricerca della salvezza in Dio, in una vita che è solo di passaggio verso quella vera, nei cieli. Oppure è negazione della predestinazione propria della teologia protestante, del destino già scritto nel grande libro della vita: esso può essere mutato, grazie alla volontà, da ogni essere umano al quale una società laicamente solidale, fraterna, garantisce pari opportunità, pari diritti, uguali libertà.
    Questi valori si trasfondono negli ordinamenti attraverso le Costituzioni, transitano nel diritto positivo, impregnano di sé la legge penale come quella civile, contribuiscono a creare un catalogo dei diritti e dei doveri che, come una galassia, si espande in tutte le direzioni, costringendo lo stesso diritto naturale e soprattutto i diritti divini a scendere a patti, a mediare norme possibili, a modificare se stessi, a secolarizzarsi se non vogliono scomparire, sommersi dalla capacità aggregante e espansiva del bisogno di felicità e di benessere.
    Attraverso il diritto internazionale questi valori si fanno globali e costringono ordinamenti altri, nati sotto il segno di altre culture, di altri Dei, di altre etiche, a misurarsi, quanto meno a mediare l’interpretazione e il vissuto dei propri precetti, a secolarizzarsi per poter sopravvivere.
    Da qui la laicità come valore che racchiude in se la portata dirompente e rivoluzionaria della libertà, della uguaglianza, della fratellanza, tra loro combinate, che separano l’uomo da Dio, che ne fanno un essere altro, individuo, libero di confrontarsi e di crescere forte del valore di se “

    Giovanni Cimbalo

  2. matteo di benedetto

    Complimenti per l’intervento Rebecca!

    Concordo con la tua analisi, condivido i medesimi dubbi e noto l’evidenza delle problematiche sollevate.

    Il dubbio è quello che assilla l’uomo ormai da tempo: positivismo, e quindi libertà totale dell’uomo nelle sue scelte, o giusnaturalismo, inteso come considerazione di taluni valori come fondamentali e intrinsechi alla struttura stessa dell’umanità in quanto aggregato di più persone e fondamentali perchè esse possano ancora essere considerati tali?

    E’ vera ed innegabile l’importanza della necessità di ‘positivizzare’ i valori che tu hai indicato, perchè, come ha giustamente sottolineato il prof. durante la lezione in cui abbiamo trattato questo argomento, non essendo tutti della stessa idea e non avendo tutti gli stessi parametri di misura delle proprie azioni e delle azioni altrui, senza regole chiare e definite e senza conseguenze all’inosservanza delle stesse i diritti che consideriamo fondamentali e fondamento dell’Uomo rischiano di essere aleatori, intangibili e nella pratica non rispettati.
    In tutto ciò è importante e risulta fondamentale il ‘non passaggio’ da assoluti a positivi di questi diritti. Mi spiego: devono essere positivizzati, ma vanno considerati ancora assoluti – ciò non toglie che possano subire una interpretazione evolutiva e che li faccia in parte mutare nel contenuto.
    Qual’è il rischio altrimenti? Il rischio è che se fossero considerati solo positivi, e non propri dell’Uomo in quanto tale, potrebbero essere superati, capovolti o svuotati completamente.
    Perchè se l’uomo potesse superarli e la democrazia – intesa come volontà della maggioranza in se stessa, senza i limiti che sarebbero costituiti da diritti assoluti – fosse l’unico parametro di decisione di ciò che è Giusto, allora si potrebbe arrivare a preoccupanti risultati.
    Hitler è andato al potere e ha potuto fare ciò che ha fatto in un contesto giuridico di questo tipo. Giuridicamente ciò che ha fatto è stato lecito, all’interno dell’ordinamento tedesco, perchè il nudo positivismo democratico lo ha permesso.

    In questo senso voglio quindi evidenziare l’importanza del mantenimento di uno status di ‘assoluto’ a certi diritti, che se fossero ridotti solo a positivi potrebbero essere ‘superati’, arrivando a risultati che personalmente considero non umani.

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